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La vitamina D

La vitamina D è una vitamina liposolubile fondamentale per il metabolismo del calcio. La vitamina D3 (detta anche colecalciferolo) può essere sintetizzata nella cute dell'uomo dopo l'esposizione ai raggi ultravioletti B o può essere assunta con la dieta. Alle altitudini temperate, l'80% del fabbisogno di vitamina D è garantito dall'irradiazione solare e il restante 20% viene assicurato dall'alimentazione.


Di per sé la forma D3 è biologicamente inattiva e deve essere metabolizzata nelle sue forme bioattive dopo l'ingestione. Una volta ingerita, entra nel circolo ematico e raggiunge il fegato dove viene idrossilata a 25-idrossi vitamina D (detta calcidiolo). La concentrazione del calcidiolo rappresenta un marker dello stato nutrizionale della vitamina D, dal momento che l'esposizione solare prolungata o un aumentato introito dietetico ne aumenta la quantità. Nel rene, una seconda idrossilazione forma il 1,25 diidrossi vitamina D (calcitriolo), la forma più potente della vitamina D.

La maggior parte degli effetti biologici sono dovuti proprio alle attività del calcitriolo e, tra questi, il più noto è il mantenimento del bilancio del calcio al fine di un utilizzo efficiente da parte dell'organismo. Il mantenimento dei livelli sierici di calcio, entro limiti ristretti, è indispensabile al funzionamento del sistema nervoso centrale, per la crescita delle ossa e del mantenimento della loro densità. Le ghiandole paratiroidi rilevano livelli sierici di calcio e secernano l'ormone paratiroideo (PTH) quando i livelli di calcio scendono troppo. L'aumento di PTH aumenta l'attività dell'enzima 25-idrossivitamina D3 idrossilasi nel rene aumentando, quindi, la produzione di 1,25 diidrossi vitamina D che, a sua volta, mediante meccanismi diretti sull'espressione genica, provocano un aumento dell'assorbimento intestinale di calcio, un maggiore riassorbimento del calcio da parte dei reni e una mobilizzazione del calcio dalle ossa nel caso in cui non vi fosse un suo apporto sufficiente con la dieta.

Negli adulti, per entrambi i sessi, si indica un fabbisogno medio di 10 μg/die. Una carenza di vitamina D può variare in base all'età, allo stato di salute e al periodo della vita dell'individuo. La carenza di vitamina D può contribuire in modo rilevante allo sviluppo di patologie come l'osteoporosi nonostante sia essa una malattia multifattoriale. Gli stati di carenza conclamata di vitamina D portano, soprattutto nei bambini, a mineralizzazione ossea incompleta che determina la strutturazione delle ossa in configurazioni curve. Nei bambini, infatti, il rachitismo, patologia rara alle nostre latitudini ma, purtroppo, con ancora numerosi casi in tutto il mondo, porta a ritardata chiusura delle fontanelle e deformazione della cassa toracica.

Un alimento particolarmente ricco di vitamina D è l'olio di fegato di merluzzo, ma di norma viene consumato solo in casi rari come supplemento. Alcuni pesci contengono discrete quantità di vitamina D, specialmente quelli grassi, come aringa, sgombro, tonno fresco e il salmone; si aggiungono all'elenco anche il burro, i formaggi grassi e le uova intere di gallina. Molti paesi arricchiscono di vitamina D alcuni alimenti di uso comune come il latte. Sono presenti, infatti, in commercio anche in Italia prodotti lattiero-caseari arricchiti in concentrazioni variabili di vitamina D e calcio.


Una adeguata esposizione solare dovrebbe consentire di sintetizzare tutta la vitamina necessaria all'individuo. Secondo gli esperti, 10-15 minuti di esposizione solare di braccia o gambe, tre volte a settimana, nelle ore centrali delle giornate invernali, dovrebbe essere sufficiente. Alcuni esperti suggeriscono anche di non lavarsi immediatamente dopo l'esposizione per non rimuovere la vitamina D neo-sintetizzata.


 
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